Daniel Lumera

Lo straniero si è fatto virus

Per insegnarci empatia, gentilezza e amore

di Daniel Lumera

 

Sapevamo tutti, intimamente, che dovevamo fermarci. E non poteva avvenire diversamente se ci pensiamo bene. Doveva essere Madre Natura a riportarci in una condizione di ascolto, a fermarci per permetterci di sentire cosa stava accadendo davvero intorno a noi. Non ci hanno fermato le foreste che bruciavano in Australia e in Brasile, non ci hanno fermato le immagini dei ghiacciai che si scioglievano, non ci ha fermato il grido di dolore degli animali…

Semplicemente non sentivamo.

Viviamo disconnessi dal ritmo e dai cicli della natura. E la nostra Madre comune ce lo sta ricordando. Perché questo virus è malattia e guarigione allo stesso tempo. Ora sono i nostri polmoni a bruciare. Ora possiamo davvero iniziare a sentire che l’aria non era più respirabile. Inquinata dal nostro ego smisurato.

La più grande lezione di questo periodo è forse la comprensione massiva dell’importanza dell’interconnessione e dell’interdipendenza tra tutte le forme di vita, da cui nascerà, speriamo, un nuovo senso di responsabilità.

L’ultimo report del WWF parla dell’effetto boomerang relativo alla distruzione degli ecosistemi. La deforestazione dovuta all’esigenza di estrarre legname, creare nuove zone per pascoli e spazio per nuove costruzioni ha rotto e violato un equilibrio importantissimo per la nostra salvaguardia. Le foreste infatti sono custodi di una biodiversità che funge da protezione per l’uomo: tante specie animali differenti che coesistono creano un “effetto diluizione” per i virus che si bloccano e si indeboliscono prima di arrivare all’uomo. Esiste quindi una strettissima relazione tra azione dell’essere umano che ha causato perdita della biodiversità, cambio climatico e alterazioni degli habitat naturali con la diffusione della zoonosi, ossia di malattie di origine animale come Ebola, SARS, MERS, HIV…e COVID-19. Di fronte a questa presa di coscienza dare la colpa alla Cina, agli stranieri, al governo, alle élite non serve a nulla perché la causa è da ricercare nell’inconsapevolezza di tutto il genere umano.

Questo virus è malattia e guarigione allo stesso tempo. Porta con sé dolore, separazione, perdita, lontananza, ma ci permette anche, se ne saremo capaci, di maturare un nuovo e più profondo senso di responsabilità, di reciprocità, di cooperazione, di empatia, di rispetto e di amore…di gentilezza.

Quella gentilezza che, come principio sociale indispensabile e imprescindibile,  dovrebbe essere alla base di qualunque rapporto tra gli esseri, per relazionarsi nella maniera più utile, fraterna ed elevata possibile. Il seme della gentilezza autentica, come il fiore di loto, ha il potere di crescere e sbocciare anche nel fango.

Basterebbe così poco, basterebbe un po’ di meraviglia.

Rendersi conto che siamo circondati da un miracolo costante. Concedersi il tempo per stare in silenzio ad  ascoltare. Ascoltare e sentire. Concedersi il privilegio di trovare degli spazi liberi per guardare il cielo. Il miracolo di madre natura.

 

La gentilezza ci fa respirare. Ricordare. Che i fiori crescono ancora ovunque. 

Che in questa terra siamo insieme.

Perché ci sono lontananze che avvicinano e solitudini che uniscono.

Stiamo imparando che dalla vita e dal benessere dell’altro dipende la nostra vita e il nostro benessere; che dal mio destino e dalle mie azioni dipende anche il destino delle persone che amiamo e di tutta la comunità; che l’interesse personale deve passare in secondo piano rispetto al bisogno collettivo. È un passo evolutivo importante.

Dovevamo fermarci per poter sentire… E capire. Quando ci si ferma ad ascoltare si sente ogni cosa che accade, fuori e dentro noi stessi. Rabbia, impotenza, frustrazione, ansia, disperazione, paura…ma anche empatia, compassione, amore, gratitudine, gentilezza, silenzio. Tutto. Dentro di noi c’è la vita intera che aspettava solo di essere ascoltata e accolta, per permetterci di tornare nei ritmi naturali della vita e di coltivare quei valori così importanti alla sopravvivenza di questo pianeta e in questo pianeta.

Per questo stiamo prendendo coscienza anche di un altro importantissimo livello di interconnessione, quello tra ambiente interno e ambiente esterno: l’intima relazione che esiste tra i nostri pensieri, impressioni, idee, emozioni e ciò che accade nel mondo esteriore. Stiamo comprendendo ora, lentamente, l’impatto del nostro mondo interiore sulla realtà e nel disegno del nostro destino individuale, sociale e collettivo.

“Un pianeta migliore è un sogno che inizia a realizzarsi quando ognuno di noi decide di migliorare se stesso. Sii il cambiamento che vorresti vedere avvenire nel mondo.

Ghandi

Quando il nostro ambiente interiore è inquinato da rabbia, separazione, solitudine, conflitto, competizione, frustrazione, ansia e odio allora l’ambiente esterno rifletterà questa condizione.

Prima di ripulire il mondo iniziamo riordinando la nostra stanza da letto.  La scienza ha già ampiamente dimostrato il potere della nostra mente sui geni e sulla biologia del nostro corpo, basta pensare che servono solo pochi minuti di meditazione per “spegnere” i geni legati ai processi di infiammazione e alla morte cellulare, regolare l’umore e inibire la produzione di citochina e di altre sostanze chimiche che possono essere dannose per la nostra salute e a trasformare il nostro cervello sviluppando nuove abilità cognitive. 

Ed è proprio dalla consapevolezza dell’impatto che il nostro intimo sentire, i nostri pensieri e le nostre emozioni hanno sul mondo che dovrebbe iniziare una nuova rivoluzione. Una rivoluzione interiore che possa cambiare davvero il senso di identità individuale e collettivo e il ruolo dell’essere umano su questo pianeta.

A pensarci bene persino la nostra identità biologica non ci appartiene: nel nostro corpo il numero di batteri e virus è enormemente superiore a quello delle nostre cellule. Siamo di fatto una colonia di organismi che cooperano. Anzi, dovremmo riflettere sul fatto che forse, siamo noi gli ospiti di questa colonia. Lo stesso accade nel macro organismo di questo pianeta, dove il virus sembra essere l’uomo e il suo comportamento.   

Non vi è nulla di separato: all’intimità dei nostri pensieri è legato il destino di tutti. Alla qualità del nostro invisibile mondo interiore Ognuno deve fare la sua parte. Per questo a nulla serve ora lamentarsi, cercare un colpevole, creare un nemico contro cui sfogarsi e lottare, criticare, odiare, arrabbiarsi. Anzi è ulteriore inquinamento in un ecosistema interiore collettivo e individuale già largamente compromesso.

 

Questo è il momento di aiutare, di mettere a disposizione i propri talenti per il bene comune e, se non è chieder troppo… Di amare ed amarsi.     

Per questo lo straniero si è fatto virus.

A nulla servono muri e porti chiusi perché lo straniero è dentro di noi. È solo così che potevamo renderci conto di quanto siamo stranieri a noi stessi. La guerra che vedevamo fuori, a volte lontana, è sempre stata dentro di noi, nell’intimità della nostra biologia e degli istinti primari di sopravvivenza.

Ma, ad osservarci bene, sorge spontanea una domanda: chi è il virus nel sistema? Chi è lo straniero? Il pianeta che cerca di riequilibrarsi o il Sapiens che lo avvelena sfruttando selvaggiamente le sue risorse e gli altri esseri?  Per questo il virus si è fatto straniero. Uno  straniero che è dentro di noi.

 

La radice del problema è nel nostro livello di consapevolezza.

 

Viviamo profondamente disconnessi, da noi stessi, dagli altri e dalla natura. E questa frattura percettiva ha portato delle distorsioni importanti: siamo stati causa di calamità naturali, di cambiamenti climatici, dello sfruttamento selvaggio delle risorse, della sofferenza di quasi tutte le altre specie del pianeta. L’homo Sapiens uccide non per poter sopravvivere ma per appagare il proprio ego, la necessità di dominare, di soddisfare la sua sete di potere e il suo gusto e piacere.

Madre Natura ha infiniti meccanismi di riequilibrio per far capire alle singole specie che hanno soltanto due possibilità: essere scartate o evolversi. E questo è uno di quei momenti in cui dobbiamo prendere coscienza di ciò che non riuscivamo a vedere.  Siamo tutti responsabili e tenuti a decidere quello che sarà il nostro destino.

 

Ci siamo allontanati tanto dall’armonia naturale per il semplice fatto che siamo lontani da noi stessi.

È forse questa la manifestazione di questa lontananza fisica a cui siamo tenuti in questi tempi? Ci voleva questo virus per fermare la corsa alterata e furiosa del fare, del crescere ad ogni costo a discapito di tutto in nome dell’economia e dello sviluppo? Ci voleva questo virus come drastica misura contro i cambiamenti climatici, l’inquinamento e i disastri ambientali?  Ci voleva questo virus per farci empatizzare con i discriminati, gli esclusi, i rifiutati, con chi fugge e non è accolto, con chi è trattato come un appestato, come uno straniero non gradito? Ci voleva questo virus per offrirci la possibilità di sperimentare il tempo e il suo valore in maniera diversa, senza dare per scontato un abbraccio, una stretta di mano, la possibilità di vedere e stringere le persone che amiamo?  Ci voleva questo virus per riscoprire l’unione, la solidarietà, la forza dei nostri cuori quando si uniscono insieme nella vita?  Dovevamo davvero arrivare a tanto?

 

Ora possiamo iniziare a ricostruire dall’intimità del nostro cuore. 

Possiamo farlo con un differente senso e significato della vita e di noi stessi, con una nuova empatia, con nuovo senso di responsabilità, con diversa consapevolezza degli istinti primari che ci dominano e che ci spingono ad un egoismo sfrenato. 

Possiamo, se vogliamo, vivere con gentilezza.

Possiamo risorgere e rinascere alla vita.

Questo è quello che Madre Natura ci sta chiedendo.

Rispondiamo con amore a questa chiamata. 

Daniel Lumera

 

 

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